giovedì 12 giugno 2008

Ancora sul comandamento decimoprimo (quello disatteso)

Due righe descrittive su come verificare la collocazione geografica di un indirizzo Internet. Utilità pratica: nessuna; scopo: nessuno. Ma se uno è un po’ curioso, a volte può chiedersi dove stiano (almeno livello di nazione) i furbi che attentano alla sicurezza informatica altrui. Come punto di partenza prendo un dato casuale: una e-mail di phishing di quelle grossolane, fatte da gente che non conosce l’italiano e si affida a traduttori automatici di basso rango, dalla quale sono invitato a non so quali folli verifiche della mia carta Unicredito – che tra l’altro non ho. Dal link truffaldino ricavo l’indirizzo IP del server spione (tra l’altro, anche la traduzione dei nomi internet in indirizzi di rete e viceversa è interessante). L’indrizzo di rete identifica in maniera unica una macchina collegata a internet, ed ha la forma di 4 numeri separati da punti, ciascuno compreso fra 0 e 255. Il collegamento che mi viene proposto di seguire è apparentemente

http://www.unicreditbanca.it/forma.html, che dovrebbe stare sul server

www.unicreditbanca.it = 193.193.172.197. In realtà il link è diretto all’URL

http://218.249.224.142:85/uni/login.htm, in cui l’indirizzo host è in chiaro. Vediamo dove sta 218.249.224.142, in giro per il mondo. Si parte dal registro principale degli indirizzi Internet, su www.iana.org. La pagina che fa da indice generale per gli spazi di indirizzamento distribuiti nel globo contiene anche l’indicazione del registro delegato per lo specifico gruppo di indirizzi, per trovare i dettagli di interesse. Da qui vedo che il prefisso 218 (il primo numero dell’indirizzo di rete) è censito da whois.apnic.net. Non so cosa sia, ma vedo dalla descrizione che si tratta di “Asia Pacific Network Information Center”, l’ente che svolge le funzioni di registro di rete per quella zona del mondo e che sta in Australia. Non che del registro internet ci importi molto. Su whois.apnic.net eseguo una interrogazione con l’opzione generica -L (all less specific) sull’indirizzo intero 218.249.224.142.
A seguire il risultato della ricerca:

inetnum:      218.249.0.0 - 218.249.255.255
netname:      DXTNET
country:      CN
descr:        Beijing Teletron Telecom Engineering Co., Ltd.
admin-c:      SD256-AP
tech-c:       DL767-AP
status:       ALLOCATED PORTABLE
remarks:      send spam to ldh@bj.datadragon.net
mnt-by:       MAINT-CNNIC-AP
mnt-lower:    MAINT-CNNIC-AP
changed:      ipas@cnnic.cn 20060608
source:       APNIC
person:       Shoulan Du
nic-hdl:      SD256-AP
e-mail:       Betsy.du@bj.datadragon.net
address:      No. 20,  Fuxing  Road,  Beijing
phone:        +86-010-65661868-236
fax-no:       +86-010-65660882
country:      CN
changed:      ipas@cnnic.cn 20060508
mnt-by:       MAINT-CNNIC-AP
source:       APNIC

Da qui vedo che l’indirizzo è allocato in Cina. Purtroppo non c’è dettaglio: infatti viene descritto l’intero blocco 218.249.0.0 - 218.249.255.255, che corrisponde a un gruppo di 65.000 indirizzi, gestiti da un internet service provider pechinese (del cui sito WEB capisco ben poco – potrei chiedere aiuto a Shunran … ;-)). Normalmente, almeno in europa, gli indirizzi di rete vengono registrati all’effettivo utilizzatore, e non al provider che li fornisce, ed è quindi possibile conoscere esattamente, con queste interrogazioni, quale ente abbia in uso un indirizzo IP assegnato ad un server, e quali siano le persone che hanno la responsabilità amministrativa e tecnica. Ad esempio, tornando a www.unicreditbanca.it = 193.193.172.197, si trova (sul registro europeo RIPE):

inetnum:         193.193.172.0 - 193.193.173.255
netname:         UNICREDITO-NET
descr:           UniCredito Italiano SPA
descr:           Istituto bancario
descr:           Milan
country:         IT
admin-c:         RD239-RIPE
tech-c:          MDT28-RIPE
status:          ASSIGNED PI 
mnt-by:          RIPE-NCC-HM-PI-MNT
mnt-lower:       RIPE-NCC-HM-PI-MNT
source:          RIPE # Filtered

Vabbè, mi limiterò all’individuazione dello stato, tanto poi la Cina è piccola …

sabato 7 giugno 2008

Superignazio - meglio dell'originale

Al mattino al posto del dopobbarba mi metto il napalm...

Ki siamo noi

Per dire chi è Iam e chi è Arf ?






MUTANDE RAGNO !!!!!!







digiamolo ….!



Riepilogo dei compiti

Alcmeone – corso Informatica AA 2007-08 - tableau de bord

item

short description

what ARF said

what I did

compito 1

articolo su argomento di informatica

assegnazione

sviluppo A

sviluppo B

sviluppo C

compito 2

account del.icio.us

assegnazione

sviluppo

compito 3A

Pubmed

assegnazione

sviluppo

compito 3B

Google Doc

assegnazione URL

sviluppo

compito 4

twitter

assegnazione

sviluppo

compito 5

il valore del contesto

assegnazione

sviluppo

compito 6

I care

assegnazione

ass. bis

commento

sviluppo

compito 7

mappa delle residenze Google map

assegnazione URL

sviluppo

compito 8

I have a dream

assegnazione

commento

sviluppo

compito 9

informatica

assegnazione

sviluppo

nome

Alessandro TG

corso

Medicina

matricola

4579067

E-Mail

traniello@alice.it

blog

http://alcmeone.blogspot.com/

del.icio.us

http://del.icio.us/Alcmeone

twitter

http://twitter.com/alcmeone

mercoledì 21 maggio 2008

I wanna have a dream

(nota sull’articolo “I Have a Dream” del prof. Benedetto De Bernard)

L’autore dell’articolo propone le proprie considerazioni riguardo ad un modello ideale di didattica, trasversalmente applicabile per alcuni aspetti, ma nello specifico mirato all’ambiente della formazione universitaria medica, appoggiandosi alla propria esperienza pluridecennale di insegnamento accademico, motivato dal proprio interesse personale per le questioni della didattica. La passione e la convinzione con cui rappresenta la sacralità del momento formativo, dell’opera di costruzione da parte degli insegnanti intenti a edificare la preparazione degli allievi, sono evidenti e sufficienti, anche oltre l’ufficialità delle estese credenziali accademiche dell’autore, a imporre almeno una reverente ed attenta riflessione. Come non condividere in astratto le tesi proposte?
L’atto della formazione è sacro, perché rappresenta la donazione della ricchezza più alta, quella del lume dell’intelletto; né quindi l’immagine del tempio in luogo dell’ateneo può essere considerata allegoria, semmai una convinta metafora.
Ecco che per il docente diventa scontata la preparazione, mentre egli deve dare prova di amore intenso, e per l
a materia che insegna, e per l’atto stesso di insegnare. Perché solo questa intensa spinta emozionale può essere recepita con altrettanta forza dagli studenti discepoli, diventando un vettore efficace del sapere.
E il risultato del processo formativo è infatti proporzionale proprio alla capacità di sintonia emozionale che si stabilisce nella classe. I modelli di lezione sono tutti validi, ma resta il primato della lezione tradizionale,
l’esposizione pressochè unilaterale [comunicazione simplex, ndr] dalla cattedra, quale momento di massima espressione della conoscenza presentata nel modo più direttamente fruibile, perché possa essere assorbita dal discente, affascinato dall’autorevolezza e dal sentimento dell’insegnante. Per prolungare questa fase fondamentale del processo formativo si suggerisce quindi di consolidare le discipline di base e le capacità operative indispensabili, prima di addentrarsi nell’ambito della specializzazione e dell’uso degli strumenti che la tecnologia offre; questo per non compromettere la capacità di autonomia individuale, unico soccorso che il medico potrebbe trovarsi ad avere nel corso della propria attività professionale. E l’operatività si accompagni al contatto diretto col paziente, al più presto, perché sia ben presente quale è il vero scopo dell’attività di formazione del medico, ovvero solo ed esclusivamente il sollievo di chi soffre.
I peccati capitali del medico sono anch’essi riconducibili a perdita di affetto.
L’obsolescenza professionale, la perdita di aggiornamento, discendono dall’indolenza che si insedia, come un cuculo, nel nido della passione per la propria missione; l’avidità ne rappresenta la stessa antitesi.
Per sviluppare un modello di didattica coerente con questo sogno, si ha necessità di un sacerdote massimo, il preside, che sappia designare i docenti giusti, che sappia sorvegliare il conseguimento del risultato formativo, che sappia creare un a
mbiente di stimolo alla liberalità ed all’etica. L’autore ci dice che questo è il suo sogno. Possiamo negare che sia un bel sogno?

Alex



(parole: 445 escluso titolo, nome e note)

martedì 13 maggio 2008

Informatica, comunicazione ed isolamento

Come molti colleghi più o meno coetanei, ho avuto occasione di utilizzare personal computer praticamente da sempre. L’esperienza infantile di contatto con il PC è stata limitata ai videogiochi, non mi sognavo neanche un impiego didattico. Successivamente, quando la curiosità aumenta con la familiarità, è facile passare ad una fase di uso più smaliziata, poi, eventualmente, alla programmazione – in senso lato, dalla costruzione di un database con tutti i titoli di musica posseduti, alla pubblicazione di pagine Web, alla vera e propria costruzione di applicazioni. Internet è inizialmente di poco interesse, anche perché col modem da rete telefonica le prestazioni non sono granchè. L’attenzione per Internet diventa rilevante solo dopo l’adsl, quando mi accorgo che con bittorrent posso avere in poco tempo i file divx dei cartoni manga che cerco. Tuttavia quello che rilevo, prima su di me, poi su altri, che osservo dopo i primi rimorsi di autocoscienza, è la tendenza all’isolamento. Perché lo strumento informatico è di per sé appagante: permette di sintetizzare dei prodotti su misura, che funzionano, crescono e si perfezionano. Si possono ingaggiare delle lotte con il software, per farlo funzionare, per aggirarlo, per scoprirne i difetti e i segreti. Si possono classificare volumi di informazioni di nostro interesse che altrimenti sarebbero fuori portata. Dà soddisfazione. Eppure questa fase di maggiore intimità con l’informatica mi ha parzialmente allontanato dalle relazioni personali, semplicemente sottraendomi tempo ed attenzione. Per questo ho lasciato andare un po’ il PC, riposizionandolo in un ruolo più appropriato di strumento utile per diverse cose, ma che può anche stare serenamente spento.

La chiave di lettura proposta nel corso IAM suggerisce un uso più costruttivo dell’informatica – peraltro caratterizzata da potenzialità eccezionali anche nell’ambito della vita quotidiana – focalizzando l’attenzione sugli strumenti di comunicazione e scambio propri del c.d. web 2.0.

Riprovando a stare un po’ seduto al PC seguendo questa nuova proposta, ho trovato lo spazio per vedere le personalità, le posizioni, il pensiero di molte persone che vedo tutti i giorni, ma non avrei mai conosciuto se non superficialmente; ed ho trovato lo spazio per esprimere le mie posizioni, su argomenti importanti ma sui quali non mi sarei altrimenti soffermato, per raccontarle a me stesso e agli altri. Questa è una modalità copernicana di interpretare l’informatica, e così mi sta bene. Con il PC (pardon, ARF, anche il Mac ;-) ) e la rete che ruotano intorno all’uomo (magari, anche alla donna), e non viceversa. Alex


escluso titolo: 402 parole